lunedì 23 ottobre 2017

Barbaberto, filosofo pedalatore

Ieri era il compleanno di un uomo speciale.

Nella vita, se sei fortunato, ti può capitare di incontrare alcuni esseri umani “speciali”. Una decina, una dozzina se proprio sei stra-fortunato. Se hai un minimo di capacità di osservazione, lo capisci quando hai davanti uno “speciale”. Non necessariamente è una persona che ha fatto i soldi o che ha fatto grandi cose. Anzi, di solito quelle persone sono classificabili fra i “fortunati” o gli “arditi” (per non dire peggio) ma non fra gli speciali. Di stronzi, invece, se ne incontrano a migliaia, stronzi come se piovesse. Ma quella é un'altra storia...

Gli speciali, per me, sono quelli che vedono la vita con una prospettiva diversa, non convenzionale. Sono quelli che hanno un sesto senso. Che hanno sostanzialmente una chiave di lettura della realtà che tutti gli altri non hanno.

Di persone così ne conosco due. La prima è il mio amico Manuel. “Bollo” per gli amici dell’autocross. Secondo me di Manuel ne nascono uno ogni 10 anni. Lui riesce a osservare la realtà dal fuori, senza lasciarsi condizionare ma non per questo è privo di passione, anzi ne è ricolmo. Sta lì l’essere speciale. Da questa analisi riesce a scorporare i fattori e a dare un giudizio perfettamente neutro, prevedendo in maniera quasi assolutamente perfetta i fatti. Una specie di Sherlock Holmes che non osserva delitti ma la cruda realtà delle cose. E’ la capacità di analisi distaccata e obiettiva che è mostruosamente efficace. Perché, in un mondo di invidie, gelosie, rivalità nate per futili motivi e cresciute, fino a diventare scontri eterni e incancreniti, lui è il neutro, l’obiettivo, il distaccato ma non per questo meno appassionato. Io credo che nella vita, di persone così, se ne possano incontrare pochissime. Appunto, uno speciale.
In questo contesto, nella vita di tutti i giorni, che si trascina stanca e tutta uguale, dove gli individui sono la fotocopia della fotocopia delle fotocopia uno dell’altro, ne ho un altro di “speciale”.
Nel film “L’attimo fuggente”, ci sono varie citazioni che hanno sostanzialmente cambiato la mia vita. Il prof. Keating (interpretato magistralmente da Robin Williams) cita spessissimo alcuni versi di poeti del passato, con il fine di stimolare i suoi studenti a vivere la vita come un dono, che non va sprecato. Ad esempio:
Citando Walt Whitman, O me o vita, domande come queste mi perseguitano. Infiniti cortei di infedeli. Città gremite di stolti. Che v'è di nuovo in tutto questo, o me o vita. Risposta: Che tu sei qui, che la vita esiste, e l'identità, che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso. Che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso. Quale sarà il tuo verso? “
Queste parole, ovviamente con le dovute correzioni ortografiche (perché il filosofo sa scrivere ma diciamo che la grammatica a volte passa in secondo piano), potrebbero essere state scritte dal protagonista dei questo post, Adalberto Cravero.

“Barbaberto” non vive, lui succhia il midollo della vita. Barbaberto, classe 1939, vive intensamente, vive un quarto di miglio alla volta (cit. Fast and Furious). Barbaberto vive in simbiosi con il mondo, in simbiosi con la natura. Panta rei, tutto scorre e lui scorre con il tutto. Lui è natura, lui è il mondo stesso in cui vive. Pedalatore e costruttore, ovviamente. E pure pedalatore reclinato. Perché Adalberto è appassionato, credo da sempre, di bicicletta e non poteva non essere anche un reclinato, con tutte le implicazioni principalmente idealiste che ha questo modo di pedalare. Il fine della sua vita non è la competizione, la prevaricazione degli altri individui (anche se credo che in passato qualche garetta l’abbia pure fatta) ma libertà e soprattutto la condivisione. I pedali sono un mezzo ma il fine è godere del mondo e di quanto di bello (o brutto) ci possa offrire. Citiamo ancora il film:
Andai nei boschi per vivere con saggezza, vivere in profondità e succhiare tutto il midollo della vita, per sbaragliare tutto ciò che non era vita e non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto”

Lo conobbi non ricordo bene come e dove, principalmente perché fu il promotore dell’uso di mezzi reclinati di ogni genere e tipologia, nelle gare delle Formula 1 a pedali. Lui, promotore della condivisione, si fece in quattro per questo obiettivo e lo raggiunse. Ma è con i pedali, ovviamente reclinati, è stato attore di alcune imprese epiche. Cito solo le ultime due imprese in ordine di tempo, tra le tante da lui portate avanti. La prima, la “Sun Trip” di due anni fa. Una Odissea a pedali, seppur con l’ausilio del sole e dell’elettrificazione a celle fotovoltaiche. Milano-Turchia e ritorno (7000 km). Riuscì a tornare sano e salvo, seppur con più di qualche problema tecnico e parecchi rischi. Andammo a salutarlo alla partenza, con relativo filmato:

La seconda impresa, appena conclusa: viaggio, sempre in trike con ausilio solare, in Marocco. Avventura allo stato puro, rischi a manetta. Ma i suoi post su facebook sono dedicati all’osservazione della popolazione, del loro modo di vivere semplice e per questo felice, in contrasto con la nostra società complicata e mai soddisfatta.


Non sono imprese fine a se stesse, sono imprese che leggono la realtà, che la comprimono come in una violenta pressa e ne fa uscire il suo succo agrodolce. Vita e morte, dolcezza e violenza, alla ricerca della vera realtà, nuda e cruda. Una analisi della vita per come dovrebbe essere e per come, invece, da schiavi di noi stessi, la portiamo avanti in questa sfortunata epoca storica.

Molti uomini hanno vita di quieta disperazione: non vi rassegnate a questo, ribellatevi, non affogatevi nella pigrizia mentale, guardatevi intorno. Osate cambiare, cercate nuove strade”.
Certo, c’è un risvolto della medaglia, come in tutte le storie più belle da raccontare. Altra citazione:


Succhiare il midollo della vita, non significa strozzarsi con l'osso. C'è un tempo per il coraggio e un tempo per la cautela, e il vero uomo sa come distinguerli”.
Ecco, se proprio possiamo fare un appunto ad Adalberto, almeno le camere d’aria, dopo un paio di pezze, meglio cambiarle. Poi magari quell'alberino che si era rotto, magari lo si poteva fare del 10 e non dell'8 con quella spina che l'ha tranciato via. E vabbè...


Non dimentichiamoci però anche le varie randonneè organizzate, come quelle annuali dell’estate di San Martino, con le nostre carovane colorate ed inconsuete a zonzo per le strade della nostra quotidianità, tra gli sguardi stralunati dei passanti, vedendo tale strano e inconsueto spettacolo viaggiante.
E non dimentichiamoci le gare delle Formula 1 a pedali, con l’organizzazione della GP di Santhià, dedicato su figlio Davide, che purtroppo non c’è più (anche lui appassionato di bicicletta).
E Penelope? La barca a pedalata assistita che voleva portare lungo tutto il fiume Po questa estate. Anche se devo dire che sono quasi contento che l’impresa non sia effettivamente partita, in quanto, secondo me, rischiosa pure per lui che, novello Mosè, potrebbe pure dividere le acque al suo passaggio. Ma il Po non è il Mar Rosso…

Adalberto lo trovate su Facebook, potete tranquillamente chiedergli l'amicizia. ll difficile é capire quale sia quello attivo visto che ha tre profili tutti e tre contemporaneamente funzionanti. Uno e trino. Misteri della fede.....


"O Capitano, mio capitano!" Chi conosce questi versi? Non lo sapete? È una Poesia di Walt Whitman, che parla di Abramo Lincoln. Ecco, in questa classe potete chiamarmi professor Keating o se siete un po' più audaci, "O Capitano, mio Capitano".
La prossima volta che lo incontro ci provo: “O Capitano, mio Capitano!”. E spero che si giri.

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