La F1 a pedali, molto più di un gioco
di Giacomo Righi

(foto nella pagina di copertina di Patrizia Zucchi)
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Formuline, macchinine, quadricicli, auto a pedali, velomobili, go-kart a pedali, chiamiamoli come vogliamo: il problema è che il conformismo, la mediocrazia, quei meccanismi di origine tribale che spingono troppa gente a marchiare con il disprezzo tutto ciò che non rientra in una serie di categorie predefinite, diciamo "trendy", costituiscono una barriera alla scoperta e all'accettazione anche sociale di qualcosa che invece ha un valore speciale.
Detto così sembra che scrivo sotto l'effetto di stupefacenti, in realtà è l'entusiasmo che mi guida. Ma non è l'entusiasmo del primo impatto: personalmente vivo da vicino questo "gioco per bambini cresciuti" da ormai due anni, e ci sono anche altri elementi che confermano che questo entusiasmo è più che giustificato. Primo fra tutti il fatto di sapere che il nostro campionato, qui in Italia, sopravvive da oltre vent'anni, pure attraverso le inevitabili vicissitudini.
Poi c'è il fatto che al di fuori della F1 a pedali per così dire "official" ci sono tante realtà locali, a mio parere ancora solo un po' troppo timide per allargare la loro sfera di influenza.
foto di Patrizia Zucchi
Poi ci sono gli analoghi campionati in Francia e in Gran Bretagna, con formule di gara leggermente diverse ma con lo stesso comune denominatore.
Ma che cosa hanno di così speciale queste vetture? Fino a questo punto ho trattato della F1 a pedali essenzialmente dal punto di vista della competizione; tuttavia credo di condividere il pensiero di molti amici piloti nel sostenere che pedalare su queste creazioni sia già di per sé una grande soddisfazione.
Innanzitutto sono delle "special": sia che il pilota sia il costruttore, sia che la macchina sia stata costruita da qualcun altro, si tratta di realizzazioni artigianali il più delle volte dedicate a un determinato pilota. Già questo fatto crea un legame particolare.
Non credo che sia un caso che su WhatsApp diversi amici piloti abbiano messo una foto a bordo della loro formulina come avatar! Avatar che verrà visto da tutti i loro conoscenti, non solo dagli altri piloti, a sottolineare il valore che gli stessi danno a questa attività.
Oltretutto la personalizzazione non si limita all'aspetto esteriore: c'è una sorprendente varietà nelle tecniche costruttive delle diverse vetture, a riprova dell'impegno anche nella ricerca dell'efficacia in gara di queste realizzazioni.
Innanzitutto sono delle "special": sia che il pilota sia il costruttore, sia che la macchina sia stata costruita da qualcun altro, si tratta di realizzazioni artigianali il più delle volte dedicate a un determinato pilota. Già questo fatto crea un legame particolare.
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*foto di Patrizia Zucchi
Oltretutto la personalizzazione non si limita all'aspetto esteriore: c'è una sorprendente varietà nelle tecniche costruttive delle diverse vetture, a riprova dell'impegno anche nella ricerca dell'efficacia in gara di queste realizzazioni.
Poi c'è il semplice piacere di andarci su: la pedalata reclinata, sebbene ancora ottusamente combattuta dalla UCI con i suoi regolamenti di gara, ha clamorosamente più benefìci che controindicazioni, primo fra tutti il benessere del ciclista.
Ma c'è ancora di più: quando ci si cala all'interno di queste vetture, si ha un po' la sensazione che diventino una specie di vestito... un vestito fatto per correre veloci sulla strada, veloci come una bici da corsa, anzi in pianura anche di più: se la carrozzeria (o più propriamente la carenatura) è abbastanza ben profilata, il guadagno aerodinamico non si limita alla posizione semisdraiata.
Ma c'è ancora di più: quando ci si cala all'interno di queste vetture, si ha un po' la sensazione che diventino una specie di vestito... un vestito fatto per correre veloci sulla strada, veloci come una bici da corsa, anzi in pianura anche di più: se la carrozzeria (o più propriamente la carenatura) è abbastanza ben profilata, il guadagno aerodinamico non si limita alla posizione semisdraiata.
E qui abbiamo ormai addirittura superato le due ruote: l'oggetto del proprio "affetto meccanico", la bici di alto livello, ma anche la moto che riempie sogni e desideri soprattutto da ragazzini, è qualcosa che ci porteremmo accanto al letto (finché è un letto singolo...) invece con la formulina ci possiamo praticamente vestire, e diventiamo al tempo stesso il suo motore e la sua guida.
foto di Patrizia Zucchi
Queste considerazioni, a parte l'artigianalità della realizzazione, possono in realtà valere anche per i velomobili e anche per le streamliner: quei gusci, tipicamente di fibra di carbonio, rispettivamente a tre e due ruote, progettati per massimizzare l'aerodinamica e la scorrevolezza. Alcuni di questi hanno una vocazione più turistica, altri sono delle vere "torpedini a propulsione umana", per citare una simpatica definizione attribuita da uno degli appassionati sempre in attività su YouTube, John Williams.
Ma le F1 a pedali hanno qualcosa di più. Hanno sì qualcosa di meno, perché l'obbligo di quattro ruote scoperte e, nel caso del nostro specifico regolamento, la limitazione della lunghezza e l'obbligo del paraurti posteriore portano via una discreta porzione dell'efficienza aerodinamica; tuttavia sono proprio quelle quattro ruote, disposte con una carreggiata opportuna, che regalano a noi piloti la sensazione del go-kart, della macchina da corsa che in curva ci porta a saggiare il limite della tenuta di strada dei copertoni per perdere meno velocità possibile in pista e... non solo: le strade non sono fatte tutte di rettilinei, laddove il classico velomobile a tre ruote si ribalta inappellabilmente le formuline hanno ancora un buon margine di tenuta di strada. Beh meglio non invitare all'imprudenza... questo margine è da conservare quando si circola sulla pubblica via, per lasciare il vero limite di tenuta alle situazioni di emergenza. Analogamente, quella chiazza d'olio resa invisibile dalla strada umida sulle nostre quattro ruote ci può far sbandare, ma su due... c'è da incrociare le dita!
Ma le F1 a pedali hanno qualcosa di più. Hanno sì qualcosa di meno, perché l'obbligo di quattro ruote scoperte e, nel caso del nostro specifico regolamento, la limitazione della lunghezza e l'obbligo del paraurti posteriore portano via una discreta porzione dell'efficienza aerodinamica; tuttavia sono proprio quelle quattro ruote, disposte con una carreggiata opportuna, che regalano a noi piloti la sensazione del go-kart, della macchina da corsa che in curva ci porta a saggiare il limite della tenuta di strada dei copertoni per perdere meno velocità possibile in pista e... non solo: le strade non sono fatte tutte di rettilinei, laddove il classico velomobile a tre ruote si ribalta inappellabilmente le formuline hanno ancora un buon margine di tenuta di strada. Beh meglio non invitare all'imprudenza... questo margine è da conservare quando si circola sulla pubblica via, per lasciare il vero limite di tenuta alle situazioni di emergenza. Analogamente, quella chiazza d'olio resa invisibile dalla strada umida sulle nostre quattro ruote ci può far sbandare, ma su due... c'è da incrociare le dita!
Insomma è chiaro, a questo punto, che il valore di questi velocipedi è assai maggiore rispetto a delle semplici macchinine a pedali riscalate per adattarsi a persone adulte, come potrebbe invece sembrare ad una prima occhiata. Ma devo purtroppo compiangere il fatto che viaggiare con qualsiasi tipo di velocipede sulle strade, in troppe aree del nostro territorio, fa più paura che andare al fronte, anche se circolare con queste vetture dà l'indubbio vantaggio di attirare l'attenzione. Pochi di noi hanno il coraggio di allenarsi con queste vetture sulle strade aperte alla circolazione, cosa tutt'altro che illegale stando agli articoli del codice della strada e montando giusto luci campanello e catarifrangenti quando non si gareggia; un vero peccato, perché così come nei paesi del nord Europa il velomobile è più diffuso e apprezzato, potremmo scoprire anche noi (e farlo scoprire a molti altri) che andare al lavoro con la formulina ci distingue e ci mette un piccolo gradino più in su anche rispetto ai ciclisti di città, i commuters, che hanno fatto dire a George Wells già parecchi anni fa: «ogni volta che vedo un adulto in bicicletta penso che per la razza umana ci sia ancora speranza».
Le domeniche in cui non c'è la gara, se il meteo non è tragico, parto per le strade del circondario ad allenarmi (meno di quanto vorrei, purtroppo) e vedo che raccolgo più pollici in su dai finestrini delle auto che incontro rispetto ai gesti di disprezzo... e qualcuno si ferma pure a filmare!
foto di Patrizia Zucchi
Non mi resta che aggiungere un link al blog ufficiale della "nostra" formula uno a pedali:
e invitare tutti a partecipare col tifo o come piloti a questa impareggiabile nicchia del pedalare reclinato.
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