Abbandonato il look sarcofago, si passa ad una carenatura più velomobilosa
di Giacomo Righi
L'aspetto della n°54 II al momento del primo collaudo.
Dovrò dedicare parecchio tempo ad illustrare tutto quello che c'è in questa nuova realizzazione, così come lungo è stato il tempo che ho impiegato a ricostruire completamente la carenatura di questa vettura a pedali; nei miei piani c'è un lungo video che mostrerà tutto quello che si potrà, ma per ora a grande richiesta o quasi comincio a divulgare un po' di foto e un paio di filmati.
All'inizio era il sarcofago. Poi, tra gli incessanti malcelati inviti a migliorare il lato estetico (... ma a me piaceva!) e la smania di rosicchiare qualche mezzo km/h nonostante la mia scarsa prestanza fisica, all'inizio di febbraio ho preso la decisione:
La vecchia carenatura nel frontale voleva essere la massima semplificazione costruttiva con il minimo spreco aerodinamico, mentre nella parte centrale e posteriore tentava di ricalcare le linee delle auto da corsa di inizio secolo scorso.
Era basata su un supporto di alluminio inferiore, con una rotellina per salvare il muso dai frequenti contatti col suolo, ed era essenzialmente una cassa di plasticonda, che nella parte superiore era rinforzata da due profili a L sempre in alluminio. Le aperture sui fianchi avevano molteplici scopi: il più ovvio è quello di risolvere il problema del movimento dei manubri, avendo lo sterzo diretto, ma erano comode anche per fare retromarcia, per mettere la freccia e anche come radiatori... Tuttavia erano incompatibili con una buona aerodinamica. Quindi dovevo trovare una soluzione... ma prima di risolvere quello, c'era da fare un lavoro più ampio di ottimizzazione dell'aerodinamica: la forma della carena avrebbe dovuto seguire gli ingombri dei piedi nel movimento della pedalata, delle ginocchia, delle spalle e del telaio per quanto riguarda il fondo, pur mantenendo la forma a goccia con troncatura posteriore (il regolamento impone una lunghezza troppo ridotta per evitare la troncatura, e una forzatura degli angoli delle superfici della carena nella zona posteriore avrebbe causato più attrito aerodinamico di una troncatura netta). Ed ecco quindi il progetto, che chiaramente è di difficile interpretazione per via dei sofisticati programmi di elaborazione usati:
Rimossa la carenatura originale, ho deciso di cambiare radicalmente la struttura della carena. Niente più alluminio: dopo aver provato a giocare un po' con i tubi di PVC (quelli per le canaline elettriche) e una economica pistola termica, ho cominciato a costruire una struttura più o meno a traliccio, sulla quale una serie di fogli del solito plasticonda (coroplast per essere più internazionali) avrebbe poi fatto da copertura con funzioni parzialmente strutturali.
La meccanica, per chi si fosse perso le puntate precedenti e non avesse voglia di andarle a cercare, è basata su un trike KMX Typhoon di un po' di anni fa, su cui la ruota posteriore è stata sostituita da un assale rigido (barra di acciaio inox diametro 15 mm) supportata da due cuscinetti fissati ai foderi del forcellone del telaio originale.
Perché l'aerodinamica fosse ottimale, ho deciso di fare una carena chiusa anche sopra alla testa.
Tuttavia le gare della F1 a pedali sono di solito svolte su circuiti cittadini, dove spesso ci sono curve strette che fanno perdere velocità, e a volte ci sono saliscendi anche di una certa ripidità. Non solo: un quadriciclo carenato come questo, con l'aggiunta di un vano portaoggetti dietro al sedile posteriore, si può benissimo usare su strada come veicolo da commuting o da cicloturismo; nella misura in cui ci sono luci, catarifrangenti e la possibilità di indicare dove si vuole svoltare, si è addirittura molto più legali dei classici peloton di ciclisti sulle bici da corsa, con le supertutine corredate di sponsor pagati anziché paganti, e... meglio che mi fermo qui. Stavo dicendo? Sì, che la carena chiusa e ben profilata è più aerodinamica, ma non deve uccidere chi sta all'interno a causa del surriscaldamento. Quindi ho ricavato un'apertura piuttosto grande nel punto d'arresto aerodinamico (traduzione: sulla punta davanti), dove il disturbo aerodinamico è impercettibile, di 8 x 20 cm circa, e ho congegnato un sistema piuttosto complesso per il parabrezza, sistema che descrivo insieme a diverse altre cose all'interno di questo video:
Visto il video, non mi dilungo in descrizioni riguardanti l'accessibilità nell'abitacolo, aggiungo solo che tutto il dorso viene rimosso e si appoggia banalmente a terra mentre si entra o esce.
Ulteriori foto:
Il cockpit. Gli specchietti saranno da spostare all'esterno, come già temevo: se c'è il sole ci sono troppi riflessi sulle superfici trasparenti laterali, e temo che con la pioggia sarebbe anche peggio.
La seguente sequenza riguarda il tentativo di ottimizzazione dell'aerodinamica delle fiancate: ritagliando una povera canotta di tessuto elasticizzato (pochi euro) ho fatto una copertura delle aperture necessarie a permettere il movimento dei manubri, giacché come detto qui ho lo sterzo diretto:
In quest'ultima foto sembra che sto frugando nelle mutande di qualcuno... Invece NO!!! Ecco dove va a finire la mia mano:
E così posso facilmente fare retromarcia e anche, un po' maldestramente, mettere la freccia per svoltare se sto circolando su strada aperta al traffico.
Ed ora un po' di foto della creatura quasi completa: mancano ancora il logo della F1 a pedali e del team Biciclette Reclinate per Tutti!
Infine, per chi ha ancora pazienza, ecco il filmato con i commenti fatti durante la prima uscita di collaudo, che con mia sorpresa ha dato risultati ancora più positivi di quanto mi aspettassi; purtroppo le stime di cui parlo nel video sono falsate dal vento, ma il miglioramento è netto e sensibile. Buona visione!
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